(“Soko koji je sleteo na tuđu rukavicu” – odlomak iz “Crvenog kruga”)
Finalmente lo guardo dal vivo, finalmente è davanti a me… Quello che ho desiderato si è avverato, ora devo essere soddisfatto… – passava nella mente di Said.
L’avevano portato nell’edificio moderno alla periferia di Ginevra, e anche quello l’aveva già visto. Percorreva un lungo corridoio seguendo un uomo un po’ calvo e basso, che si muoveva agitando le braccia come se volesse nuotare. Lo condusse in una stanza con un grande vetro opaco e lo piazzò al tavolo. Qualche minuto più tardi, dalla porta sulla parete opposta della stanza, entrò Ivan Thibault. Said sapeva che precedentemente tre persone l’avevano osservato ed egli era uno di loro. Ivan Thibault si sedette al tavolo e tirò fuori delle sigarette. Said rifiutò la Davidoff che l’altro gli aveva offerto. In silenzio, Thibault ne accese una per sé.
– Sento che parli bene francese – gli disse.
– Molto bene – rispose Said.
– L’hai imparato a Parigi o prima?
– Lo sapevo già prima.
– Bene, davvero… Il francese è una bella lingua, dicono che con esso si può esprimere tutto quello che la mente umana riesce a concepire. Said, non ti preoccupare per il tempo… Voglio che cominci a raccontare, e senza risparmiare sulle descrizioni, dettagli e nemmeno sul tempo. Voglio che cominciamo dall’inizio… Continue reading →